Ed eccoci all’intervista vera e propria.
La chiacchierata, la lunga chiacchierata tra Prince e Neal Karlen, avvenuta al piano di sotto della Purple House.
Nel cuore del basement della Purple House.
Quello, a dire il vero, era stato lo scopo reale del loro incontro, quello intorno al quale Neal ha poi costruito un vero e proprio documentario.
Un preziosissimo documentario su quello che Prince era nel 1985. Un unicum, nel suo genere.
Nella parte finale del suo racconto troviamo questa lunghissima chiacchierata.
Avvenuta in una stanza attigua alla camera da letto di Prince. Accanto al suo studio di registrazione. Hanno discusso a lungo, quei due, restandosene seduti dentro il cuore del mondo di Prince.
Tutto raggruppato in un basement, come sempre.
Lo stesso luogo in cui aveva registrato 1999, Purple Rain e la quasi totalità della sua musica di quegli anni. In compagnia della sola Susan Rogers, che lo affiancava notte e giorno, adeguandosi ai suoi ritmi quasi disumani.
Analizziamo il testo di questa intervista. Lo dividerò in tre parti.
Siamo nel 1985: uno dei tanti anni-chiave nella vita di Prince. Uno di quelli che spesso precedevano anche una metamorfosi. Una delle sue tante.
Stava anche per iniziare il periodo folle che lo avrebbe visto lavorare su cinque album diversi tra loro. E su progetti cinematografici. E sul lavoro di band da lui protette per le quali era stato capace di registrare tutte le tracce di un album. Una per una, strumento per strumento.
Contemporaneamente.
Quello sarebbe stato anche l’inizio di un anno in cui Prince avrebbe rovesciato come un guanto tutta la sua vita.
Aveva bisogno di fare il punto della situazione. Di mettere sotto la lente di ingrandimento l’attuale stato dell’arte. Della sua arte.
L’intervista che segue ha avuto anche questo scopo: far capire la direzione del suo percorso. Far capire da dove era arrivato e dove intendeva arrivare.
Inviare dei messaggi a chi avrebbe dovuto capire. Prince, infatti, non faceva mai nulla per caso. Non diceva mai nulla per caso. E questa lunga intervista ne è la prova. Molte cose sono da cercare direttamente tra le righe del discorso.
Dei non-detto che dicono molto. Moltissimo. A leggerle ora, appaiono per quello che erano: delle profezie.
Cominciamo con l’analisi:
Why have you decided that now is the time to talk?
(come mai hai deciso che proprio ora è il momento di parlare? – gli chiede Neal:)
“There have been a lot of things said about me, and a lot of them are wrong. There have been a lot of contradictions. I don’t mind criticism, I just don’t like lies. I feel I’ve been very honest in my work and my life, and it’s hard to tolerate people telling such barefaced lies”
(sono state dette su di me un mucchio di cose e per la gran parte erano sbagliate; ci sono state molte contraddizioni; non mi danno fastidio le critiche, semplicemente, non mi piacciono le bugie; sento di essere stato molto onesto all’interno del mio lavoro e della mia vita ed è difficile tollerare che le persone dicano bugie così sfacciate)
Ecco un primo tema che si farà sempre più spazio tra i temi princiani: l’ossessione per la verità. Da un certo momento in poi la parola sarà sempre scritta con la lettera maiuscola.
Do you read most of what’s been written about you?
(leggi la gran parte di ciò che è stato scritto su di te?)
“A little, not much. Sometimes someone will pass along a funny one. I just wrote a song called “Hello,” which is going to be on the flip side of “Pop Life.” It says at the end, “Life is cruel enough without cruel words.” I get a lot of cruel words. A lot of people do”
(una parte, non molto: a volte qualcuno ne tira fuori una divertente; ho appena scritto un brano intitolato “Hello”, che sarà la b-side di “Pop Life”; alla fine dice: “la vita è crudele abbastanza (anche) senza parole crudeli”; ricevo molte parole crudeli, molte persone lo fanno)
Siamo nel 1985, ma i pilastri del suo pensiero ci sono già tutti: l’ossessione per la verità, come già detto e l’ossessione per quello che le persone dicevano di lui.
Non è affatto vero che Prince leggeva “a little” di ciò che gli altri scrivevano, parlando di lui.
Prince non perdeva neppure una riga degli articoli che venivano scritti e pubblicati a proposito della sua musica e della sua vita.
E questo sarebbe rimasto costante fino alla sua ultima settimana di vita: nella cronologia del suo computer portatile la polizia ha trovato gli indirizzi dei siti di riviste di critica musicale, di pagine culturali dei quotidiani che lui controllava quotidianamente, metodicamente, per sapere cosa si dicesse delle cose che faceva.
“I saw critics be so critical of Stevie Wonder when he made journey through the Secret World of Plants. Stevie has done so many great songs, and for people to say: “You missed, don’t do that, go back” – well, I would never say: “Stevie Wonder, you missed.” [Prince puts the Wonder album on the turntable, plays a cut, then puts on Miles Davis’ new album.] Or Miles. Critics are going to say, “Ah, Miles done went off.” Why say that? Why even tell Miles he went off? You know, if you don’t like it, don’t talk about it. Go buy another record!”
(ho visto i critici essere così aggressivi nei confronti di Stevie Wonder, quando ha compiuto il viaggio attraverso Secret World of Plants; Stevie ha creato così tante grandi canzoni che la gente dice: “Ti sei perso, non farlo, torna indietro!” – bene, io non direi mai: “Stevie Wonder, ti sei perso!” [Prince mette sul giradischi l’album di Wonder, suona un brano, poi mette su il nuovo album di Miles Davis] oppure Miles; i critici diranno: “Ah, Miles se n’è andato”; perché dire una cosa del genere? perché dire a Miles che è sparito? se non ti piace, non ne parlare; vai a comprarti un altro disco!)
Questa è la premessa che Prince fa, per arrivare a parlare – poco sotto – delle critiche uscite sulla stampa a proposito dell’ultimo disco che aveva appena pubblicato, Around the World in a Day, radicalmente (e necessariamente diverso, secondo lui) da Purple Rain.
“Not long ago I talked to George Clinton, a man who knows and has done so much for funk. George told me how much he liked Around the World in a Day. You know how much more his words meant than those from some mamma-jamma wearing glasses and an alligator shirt behind a typewriter?”
(non molto tempo fa ho parlato con George Clinton, un uomo che conosce il funk ed ha fatto così tanto per lui; George mi ha detto quanto gli fosse piaciuto Around the World in a Day; sai quanto quelle parole abbiano significato [per me] rispetto a quelle che arrivano da certi figli di puttana che portano gli occhiali e una maglietta col coccodrillo [standosene] dietro una macchina da scrivere?)
Tutto chiaro, no? Non si era affatto risentito per quelle critiche.
Do you hate rock critics? Do you think they’re afraid of you?
(provi odio verso i critici del rock? pensi che abbiano paura di te?)
“[Laughs] No, it’s no big deal. Hey, I’m afraid of them! One time early in my career, I got into a fight with a New York writer, this real skinny cat, a real sidewinder. He said, “I’ll tell you a secret, Prince. Writers write for other writers, and a lot of time it’s more fun to be nasty.” I just looked at him. But when I really thought about it and put myself in his shoes, I realized that’s what he had to do. I could see his point. They can do whatever they want. And me, too. I can paint whatever picture I want with my albums. And I can try to instill that in every act I’ve ever worked with”
([ride] no, non è un grosso problema; hey, io ho paura di loro! una volta, all’inizio della mia carriera, ho litigato con un giornalista di NY, questo vero e proprio morto di fame, questo vero e proprio serpente a sonagli; ha detto: “Ti rivelerò un segreto, Prince. Gli scrittori scrivono per gli altri scrittori e molte volte essere cattivi è più divertente”; l’ho appena guardato, ma quando ho davvero pensato a quello che aveva detto e mi sono messo nelle sue scarpe, ho capito che era quello che doveva fare, ho potuto capire il suo punto di vista: loro possono fare tutto quello che vogliono; e anche io; posso dipingere qualunque immagine io voglia con i miei album e posso provare ad instillarlo in ogni gesto su cui io abbia mai lavorato)
Altro punto importante che appare evidente da queste dichiarazioni: la polemica eterna ed infinita di Prince contro tutti i critici. Quella stessa polemica che – di lì a poco – lo avrebbe portato a regolamentare e a gestire ogni istante di ogni singola intervista.
Quando avrebbe deciso di darne, ovviamente.
What picture were you painting with ‘Around the World in a Day’?
(quale immagine stavi dipingendo con Around the World in a Day?)
“[Laughs] I’ve heard some people say that I’m not talking about anything on this record. And what a lot of other people get wrong about the record is that I’m not trying to be this great visionary wizard. “Paisley Park is in everybody’s heart”. It’s not just something that I have the keys to. I was trying to say something about looking inside oneself to find perfection. Perfection is in everyone. Nobody’s perfect, but they can be. We may never reach that, but it’s better to strive than not”
([ride]: ho sentito un po’ di gente dire che in questo disco non sto parlando di nulla; e quello su cui molte altre persone sbagliano riguardo al disco è [quando dicono] che io non sia cercando di essere un grande mago visionario; “Paisley Park is in everybody’s heart”; non si tratta soltanto di qualcosa di cui posseggo le chiavi; stavo provando a dire qualcosa che riguardava il fatto di guardarsi dentro alla ricerca della perfezione; la perfezione è dentro ognuno di noi; nessuno è perfetto, ma potrebbe esserlo; potrebbe trattarsi di qualcosa che non raggiungeremo mai, ma è preferibile sforzarsi, piuttosto che non farlo)
Sounds religious.
(ha l’aria di qualcosa di religioso)
“As far as that goes, let me tell you a story about Wendy. We had to fly somewhere at the beginning of the tour, and Wendy is deathly afraid of flying. She got on the plane and really freaked. I was scared for her. I tried to calm her down with jokes, but it didn’t work. I thought about it and said: “Do you believe in God?” She said yes. I said, “Do you trust him?” and she said she did. Then I asked, “So why are you afraid to fly?” She started laughing and said: “Okay, okay, okay.” Flying still bothers her a bit, but she knows where it is and she doesn’t get freaked”
(a proposito di questo, lascia che io ti racconti una storia che ha a che fare con Wendy; dovevamo volare da qualche parte, all’inizio del tour e Wendy è spaventata a morte dalla paura di volare; sale sull’aereo ed è davvero terrorizzata;; ero spaventato per lei; ho provato a calmarla con qualche battuta, ma non aveva funzionato; ci ho pensato su e le ho detto: “Credi in Dio?”; lei mi ha risposto di sì; “Hai fiducia in lui?” E lei mi ha risposto che ne aveva; poi le ho chiesto: “E allora perché ha paura di volare?”; lei ha cominciato a ridere ed ha detto: “Okay, okay, okay”; volare le dà ancora un po’ fastidio, ma lei sa dov’è e non si spaventa)
Arriva ora una delle più belle dichiarazioni di Prince, a proposito del suo rapporto con Dio.
“It’s just so nice to know that there is someone and someplace else. And if we’re wrong, and I’m wrong, and there is nothing, then big deal! But the whole life I just spent, I at least had some reason to spend it”
(è semplicemente così piacevole sapere che c’è qualcuno e che si trova da qualche parte; e se per caso ci sbagliassimo e se io mi sbagliassi e non c’è nulla, allora che grande problema! ma l’intera vita che ho appena trascorso, almeno ha avuto qualche motivo per spenderla)
When you talk abut God, which God are you talking about? The Christian God? Jewish? Buddhist? Is there any God in particular you have in mind?
(quando parli di Dio, di quale Dio stai parlando? di quello cristiano? di quello ebreo? dei buddisti? è un dio specifico, quello che hai in mente?)
“Yes, very much so. A while back, I had an experience that changed me and made me feel differently about how and what and how I acted toward people. I’m going to make a film about it – not the next one, but the one after that. I’ve wanted to make it for three years now. Don’t get me wrong – I’m still as wild as I was. I’m just funneling it in a different direction. And now I analyze things so much that sometimes I can’t shut off my brain and it hurts. That’s what the movie will be about”
(sì, sono davvero tanti; un po’ di tempo fa ho avuto un’esperienza che mi ha cambiato e che mi ha fatto sentire diversamente riguardo al come ho agito, a quello che ho compiuto ed al modo in cui mi sono comportato nei confronti delle persone; sto per realizzare un film su questo argomento – non il prossimo, ma quello successivo rispetto a questo; ho cercato di metterlo insieme da tre anni a questa parte; non fraintendermi: continuo ad essere selvaggio come sono stato; sto solo incanalando tutto questo in una direzione diversa; e adesso analizzo le cose a tal punto che a volte non riesco a spegnere il cervello e questo fa male; ecco di cosa parlerà il film)
Ma non hai risposto alla domanda che Neal ti ha appena fatto su Dio, Prince. Come ti è capitato spesso: hai svicolato, per non rispondere.
What was the experience that changed you?
(qual è stata l’esperienza che ti ha cambiato?)
Neal prova a riportarlo sulla domanda rimasta senza risposta. E Prince svicola di nuovo. Ma (ed è una delle poche volte in cui lo fa in modo esplicito) subito dopo si arrischia anche a fare dei riferimenti alla sua depressione. Alla malattia che lo ha bloccato per un po’.
“I don’t really want to get into it specifically. During the Dirty Mind period, I would go into fits of depression and get physically ill. I would have to call people to help get me out of it. I don’t do that anymore”
(non voglio davvero addentrarmi nell’argomento in modo specifico; durante il periodo Dirty Mind avevo delle crisi depressive e mi sono ammalato fisicamente; avrei chiamato le persone affinché mi dessero una mano per venirne fuori: non lo faccio più)
What were you depressed about?
(per cosa eri depresso?)
“A lot had to do with the band’s situation, the fact that I couldn’t make people in the band understand how great we could all be together if we all played our part. A lot had to do with being in love with someone and not getting any love back. And there was the fact that I didn’t talk much with my father and sister. Anyway, a lot of things happened in this two-day period, but I don’t want to get into it right now”
(molto aveva a che fare con la situazione della band, il fatto che io non riuscissi a far capire a quelli della band quanto grandiosi avremmo potuto essere tutti insieme se ognuno di noi avesse fatto la propria parte; molto aveva a che fare con il fatto di essere innamorato senza essere corrisposto in alcun modo; e c’era il fatto che non parlavo molto con mio padre e mia sorella; comunque, sono successe un sacco di cose in questi due giorni, ma non voglio entrare nell’argomento in questo momento)
How’d you get over it?
(in che modo sei riuscito a superarlo?)
“That’s what the movie’s going to be about. Paisley Park is the only way I can say I got over it now. Paisley Park is the place one should find in oneself, where one can go when one is alone”
(ecco di cosa parlerà il film; Paisley Park è l’unico modo in cui posso dire di averlo superato in questo momento; Paisley Park è quel posto in cui dovremmo trovarci bene con noi stessi, il luogo in cui possiamo andare quando siamo soli)
Come ha fatto notare lo stesso Neal Karlen nel libro che ha scritto dopo la morte di Prince, queste parole – lette ora – assumono un sapore vagamente sinistro.
A Paisley Prince è morto maledettamente solo.