
“Eccomi, arrivo subito” – dico, mentre mi avvicino.
Poggio in terra la borsa. Mi siedo a gambe incrociate. L’erba è morbida. Profumata. Piccoli fiori gialli, ovunque. Un minuscolo ragno si sta arrampicando su uno stelo, che si piega, leggermente, sotto il suo peso.
Mi guardo intorno.
Guardo il grande prato verde che mi circonda. Il ciuffo di alberi in cima alla collinetta che ci sovrasta. Il lago Riley, più in basso. L’acqua di un blu profondo, quasi nero.
(il capitolo continua, all’interno del libro in preparazione)
SKIP, aka ALEXANDER NEVERMIND, aka JAMIE STARR, aka PETER BRAVESTRONG, aka Love Symbol, aka The Artist, aka…
Prince Rogers Nelson
Maria Letizia Cerica: prinsologa dilettante e semplice voce narrante, in queste pagine
l'ideatrice di questo blog
Sempre lui : Prince Rogers Nelson
Impossibile farne una descrizione in breve: per saperne di più, scendete nella pagina ⬇️
(Neil Karlen, “Prince Talks”, Rolling Stone, 1985)
Les deux cas le plus nets sont justement deux amplifications de contraste pour accentuer l’intensité du regard.
La première technique est l’eye-liner. En accentuant le contraste entre pupille et fond de l’œil par l’ajout d’une enceinte féline sombre, il mime la profondeur du regard de la panthère (elle dispose de naissance de cette ligne noire autour de l’œil).
Hommes et femmes de théâtre fardent de nuit le tour de l’œil avant de monter sur scène: ils savent depuis toujours que cela en accentue l’expressivité.
Mais cette technique a été inventée par l’evolution des millions d’années avant les acteurs, par la lignée des grands félins, comme par d’autres.
L’eye-liner trouve son origine historique dans la poudre de khôl qui fardait les yeux des Égyptiens des deux sexes. Cette filiation est un indice, un détail révélateur d’une filiation plus profonde, qu’on peut pister jusque dans nos salles de bains.
L’Égipte antique était familière des métis d’animaux et d’humains (avec ses dieux thériantropes, à têtes de fauves, d’oiseaux, de serpents…)
Cette culture antique était aussi familière des survisages de la panthère et de l’antilope: c’était leur faune quotidienne.
Et c’est de l’Égypte antique qui provient une part de notre tradition du maquillage des yeux: dessiner le tour de l’œil, comme on le voit sur les fresques, et probablement aussi assombrir les cils.
Dans une culture où votre déesse a une tête de lionne, où les animaux ne sont pas des bestioles mais des divinités, prendre leur survisage pour modèle dans l’apprentissage d’une expressivité intensifiée fait parfaitement sens.
Jusqu’à aujourd’hui, même les plus obtus ressentent douloureusement la puissance esthétique d’un survisage de panthère.
Fonte: Baptiste Morizot, “Manières d’être vivant”, Actes Sud, 2020
Non sono mai riuscita ad essere così.
Riesco a fissarmi solo sui particolari. L’universale da sempre mi sfugge.
Spesso anche i particolari – nel particolare – mi sfuggono: nel senso che riesco a focalizzarmi sui frammenti, sulle briciole. Passo ore ed ore a guardare le briciole di realtà, analizzandole a volte in modo ossessivo.
Se mi innamoro di un libro, di un film o di una serie, sono capace di guardare e riguardare decine, centinaia di volte una pagina, una scena, l’inclinazione di un viso, una risata, l’intonazione di una voce, come se tutte queste cose – assolutamente slegate dalla visione d’insieme di quell’opera – potessero improvvisamente spiegarmi il senso della vita.
Da quella briciola pretendo di arrivare alla visione d’insieme.
Penso che sia la strada più sbagliata per arrivare al panorama finale. Scendo verso il basso del mio personalissimo Mont Ventoux, sperando di arrivare a vedere un panorama elevato che avrebbe richiesto ben altra strada, ben altro coraggio visivo.
Metto insieme questi pezzi slegati tra loro, nell’assurda speranza che essi possano indicarmi la giusta via.
Sto lì ad accantonarli, li allineo – uno vicino all’altro – sperando che una bella mattina, dopo essermi alzata da un sonno ristoratore, l’illuminazione arriverà, subito dopo essermi stropicciata gli occhi.
Ecco perché non mi riesce di costruire vere storie. Non riesco ad inventare personaggi: riesco a parlare solo di quelli che esistono già e che – a mio parere – costituiscono un campionario sufficiente per uno scrittore.
È già tutto lì: basta armarsi di pazienza ed osservare, ascoltare, trascrivere. La realtà parla da sola.
Lo so, l’eterno dilemma: se l’artista sia specchio o lampada.
Sono specchio o lampada? Un fiammifero, forse.
Ho quaderni pieni di osservazioni sparse, scritte a mano su quaderni bellissimi (quelli sì).
Osservazioni che dovrebbero essere trascritte, riordinate, cercando di dare loro un verso.
E mentre so che questo sarebbe il lavoro a cui dare priorità, mi metto a scrivere una premessa come questa, all’interno della quale prometto di fare ciò che continuo a rimandare.
(e sempre a Petrarca torniamo: ai suoi buoni propositi irrealizzati)
I would love a picture of you. Don’t worry about what they look like. I take bad pictures all time. I hope U like Purple Rain, it’s a good movie. But, don’t listen 2 the swear words.
Happy birthday, and don’t forget 2 say your prayers. God loves you.
La prima intervista concessa da Prince dopo anni di silenzio. Ad uno della sua città. Ad uno della sua stessa età. Ad uno che ha sogni sul futuro molto simili ai suoi.
Uno che ti capisce, perché conosce le sottili sfumature del linguaggio e della stratigrafia della città in cui sei nato e cresciuto.
Uno di cui (forse) ci si può fidare.
(raro che Prince lo faccia con qualcuno)
Si fida. Avrebbe continuato a fidarsi di lui nel tempo, nei decenni. Uno dei pochi.
Nel corso di quel loro lungo giro per la città, sarebbe arrivata quasi improvvisa da Prince una delle confessioni più drammatiche che abbia mai fatto a qualcuno.
(continua nella sezione articoli)
“Il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro” “C’è un tipo di rapporto, l’unico durevole, in cui è come se tra due esseri umani corresse un invisibile filo telegrafico. Dentro di me lo chiamo: ‘Il filo d’oro’ ” “Tutto ho raccolto di te briciole, frammenti, polvere, tracce, supposizioni, accenti restati in voci altrui, qualche grano di sabbia, una conchiglia, il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro, ciò che avrei voluto da te, ciò che mi avevi promesso, i miei sogni infantili, certe sciocche rime sulla giovinezza, un papavero sul ciglio di una strada polverosa” (coming soon)
Gràphein, Oràn, Èchein “Cara signora Milena, la pioggia che durava da due giorni ed una notte è appena cessata, forse soltanto provvisoriamente, ma è certo un avvenimento degno di essere festeggiato ed io lo faccio, scrivendo a Lei” “Franz, sbagliato, F sbagliato, Tuo, sbagliato, non più, silenzio, bosco profondo” (coming soon)
To: Skip, somewhere-nowhere From: (It’s) me Object: need help&(possibly)love:right now! please-please-please, come here! Caro Skip-del-mio-cuor, here we are. Lo so. Sei lì da un po’, a prendere il sole, nel Giardino. Beatamente. Non vuoi seccature e - credimi - ti capisco benissimo. Le persone come me sono una bella rottura di maroni, come glisserebbe - e con ragione - mio figlio. Però. (coming soon)
IPSE DIXIT
Q:“What do your friends say about you?” (Pauses to think) A:“Err… most of my friends are in this building and I can’t say what they…
“Prince touches my spirit in so many of his precious songs! Love you forever, my brother in Christ! On this Sunday evening! Thank you our Jesus! I…
In un mondo che vorrebbe ad ogni costo corrompere la nostra identità, la nostra anima, dobbiamo assolutamente resistere, rimanere noi stessi, evitare di svenderci. Questo, il senso…
Siamo sempre a Minneapolis. In giro per la città insieme a loro, Prince e Neal. Estate del 1985. La prima intervista concessa da Prince dopo anni…
In pochi sono riusciti a farlo. Avvicinarsi a lui, voglio dire. Avvicinarsi davvero a lui, intendo. Non lo permetteva a nessuno. Non l’ha permesso a nessuno.…
Sullo stesso numero di settembre 1983 di Musician, accanto all’intervista di Barbara Graustark ce n’è un’altra, di carattere tecnico, curata da Robert Hilburn, un giornalista che, nel…
(terza parte) Ed è nell’ultima parte di questa lunga intervista che lo ritroviamo davvero. È già tutto lì. Specie nelle pieghe. Negli angoli nascosti, quelli in…
Q:“What do your friends say about you?” (Pauses to think) A:“Err… most…
“Prince touches my spirit in so many of his precious songs! Love you forever,…
In un mondo che vorrebbe ad ogni costo corrompere la nostra identità, la nostra…
Siamo sempre a Minneapolis. In giro per la città insieme a loro, Prince…
In pochi sono riusciti a farlo. Avvicinarsi a lui, voglio dire. Avvicinarsi davvero…
Sullo stesso numero di settembre 1983 di Musician, accanto all’intervista di Barbara Graustark ce…
(terza parte) Ed è nell’ultima parte di questa lunga intervista che lo ritroviamo…
“Dearest Craig, thank U 4 your letter. It’s a good feeling 2 know that…
“C’est ce qu’ont bien compris ces animaux artistes qui se maquillent, les humains. Certains…
Seconda parte del racconto che si snoda lungo questa (lunga) importante intervista. Un testo…
Uno dei tanti piccoli/grandi gioielli riemersi nel tempo dalle viscere del Vault e pubblicato…
Un’intervista è davvero lunga (per analizzarla e raccontarla, la dividerò in più parti), ma…
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