Uno dei tanti piccoli/grandi gioielli riemersi nel tempo dalle viscere del Vault e pubblicato per la prima volta nel 2020, in occasione dell’uscita di Sign ‘o’ the Times De Luxe.
Una lunghissima jam session, questa – quasi tredici minuti – che parte con un urlo di Prince.
Mi sono chiesta spesso se stesse gridando “I scream!”, oppure “Ice cream!”
Mi divertivo spesso a pensare che in quel momento egli fosse stato preso da una improvvisa voglia di gelato e lo avesse richiesto a gran voce dal palco.
Poi mi è venuta l’idea di rivolgermi ad uno dei tanti gruppi su Internet che lavorano da anni a tempo pieno su Prince ed il suo mondo, quindi ho finalmente capito.
(ci sono molte cose che non capirò mai fino in fondo di lui e del suo mondo, perché non sono americana, perché non ero lì in quegli anni, perché sono alla ricerca di cose ben precise, assai diverse dall’erudizione pura e semplice)
Torniamo all’urlo di Prince, comunque. Quello che apre il brano.
Si tratta di una cue. Si trattava di piccole gag, di piccole messe in scena (mimica e/o balletto) che partivano da una sorta di parola d’ordine.
Prince ne aveva create diverse nel tempo e spesso erano anche molto divertenti. In questo caso specifico, al suo grido “Ice cream!” i The Revolution partivano con una sorta di balletto di gruppo.
L’uscita di questo brano – nel 2020 – non ha sorpreso i fan più accaniti, che erano a conoscenza della sua esistenza, ma è stato comunque accolto con grande gioia da tutta la Prince fam, critici compresi.
Perché si tratta di uno straordinario documento che ci fa entrare dritti dritti nelle prove per un concerto.
La scheda di princevault.com ci dà, come sempre, le informazioni di base, essenziali per riuscire a collocare la genesi del brano nel tempo e nello spazio.
Registrato nel 1986. Luglio. Al Washington Avenue Warehouse di Edina (Mn). Le prove riguardavano una serie di concerti che si sarebbero tenuti a NY.
The Revolution al gran completo, oltre ad Eric Leeds al sassofono e ad Atlanta Bliss alla tromba.
C’è anche Susannah Melvoin nei cori (ma cantano un po’ tutti, a parte Prince, che dirige tutta la jam session).
Siamo nel bailamme dei cinque progetti tenuti in piedi contemporaneamente da Prince in quei mesi, siamo all’interno dei mesi che porteranno allo scioglimento del gruppo. Alla fine del legame con Susannah.
Mesi in cui Prince ha lavorato come un pazzo, giorno e notte, su una miriade di brani. In minima parte utilizzati. In larghissima parte finiti nel Vault.
Torniamo alla nostra canzone. Alla nostra jam session.
“The original jam was almost an hour long, incorporating a lot of the cues The Revolution were rehearsing for the shows. It is unknown if, but unlikely that this jam was intended for any project at the time”
(a questa pratica delle cue lo stesso Prince fa riferimento in modo esplicito anche in The Cocoa Boys)
Comunque, dopo questo grido di Prince parte un ritmo denso, molto denso, fatto di ritmi e fiati. Un sound circolare, che continua ad avvolgersi su se stesso, in modo ipnotico.
Per dodici-minuti-dodici e una manciata di secondi.
A volte – tra i brani che Prince ha creato nel corso di una vita fatta a creare canzoni – si creano rimandi interni, che appassionano i fan.
Questa canzone non era mai stata pubblicata, prima del 2020, ma se ne parlava all’interno di Joy in Repetition, che era stata registrata da Prince solo cinque giorni prima.
Chiusa ancora dentro il Vault, esiste una versione di questo brano che dura quasi un’ora. Una versione lunghissima che arriva dritta dritta da un soundcheck.
(sappiamo bene che i soundcheck si trasformavano in una vera e propria camera della tortura per i musicisti delle band di Prince: fosse stato per lui avrebbero suonato per tutto il giorno (h24).
La giornata di un tour, infatti, funzionava più o meno così: Prince si alzava intorno alle due di pomeriggio, poi verso le sei iniziava il soundcheck, che poteva durare ore, poi c’era una pausa, seguiva il concerto vero e proprio, poi, dopo il concerto, si potevano creare due situazioni, alternative tra loro.
O nasceva, quasi alla chetichella, uno dei leggendari after party, concerti tenuti in un club, in un ambiente raccolto, per pochi intimi, oppure Prince si rinchiudeva in una sala di registrazione prenotata appositamente nella città del tour e registrava qualcosa con il suo tecnico. Prima di ripartire il giorno dopo.
In loop.
Ma torniamo alla canzone.
Il titolo di questo brano fa probabilmente riferimento ad una canzone dei Chamber Broters, “Time Has Come Today”, del 1967 (“I’ve been crushed by the tumbling tide, and my soul has been psychedelicized”)
Nella sua recensione di SOTT-De Luxe Edition, uscita sul NYT nel novembre 2020, Jon Pareles, che nel corso della sua carriera ha intervistato Prince più volte, scrive:
“He was grounding himself once again in deep funk like “Soul Psychodelicide,” a song he’d suddenly cue onstage by shouting “Ice cream!” (A 12-minute version is finally documented on the new album.)”
Il testo di questa canzone in pratica non esiste: a parte dei “c’mon” e dei “Soul Psychodelicide” o “It’s a helluva thing!” Inseriti dal coro dentro il tessuto musicale, a supporto del ritmo, non ci sono lines.
Ogni tanto si sente sullo sfondo la voce di Prince, ma lui sembra essere qui più che altro il Direttore, che, standosene seduto, o lì accanto, si limita ad ascoltare la band mentre suona, impartisce ordini e supporta il lavoro del gruppo.
Nell’ottobre del 2020, su npr.org, Ken Tucker, all’interno di una trasmissione ha affermato, facendo riferimento alla cue che apre questo brano:
“The album also contains some music that will be familiar to anyone who went to Prince concerts. We finally get the formal release of the superb funk groove called “Soul Psychodelicide,” a concert staple that many of us remember Prince used to cue his band to play by yelling the words ‘ice cream’ ”
Anche Robert Loss, nel suo blog, nel 2022, si lascia andare a impressioni del tutto simili rispetto alla riedizione di SOTT uscita un paio di anni prima:
“What I’m hearing in the boxset, all of it, is a long goodbye. Someone–Prince–is going to come out of this stronger and even freer than before. For all of its thunk-thunk funk, to hear the Revolution pounding away at “Soul Psychodelicide” with Prince’s cue of ‘Ice cream!’, completely unaware that the title phrase would become their epitaph immortalized in “Joy In Repetition,” is poignant. Nothing in the moment gives this away. “Soul psychodelicide / it’s a helluva thing,” Wally Safford and Greg Brooks are chanting, pitched against Prince’s fiancee Susannah Melvoin. But we know that not everyone in this group is going to make it, Prince-wise, to 1987. It’s fitting, then, that the song drags on for more than twelve minutes. It’s basically a tour rehearsal, and parts of it would be used in “It’s Gonna Be A Beautiful Night,” the song performed live at Le Zenith in Paris a month later, which itself would become the farewell to the Revolution on the original version of Sign O’ The Times”
È funk. Allo stato puro.
Fonti:
- princevault.com
- Jon Pareles, “Prince’s Vault Reveals a Brilliant Trove With ‘Sign o’ the Times’, NYT, novembre 2020
- npr.org, Ken Tucker, 7 ottobre 2020
- robertloss.org, 10 luglio 2022
Devi accedere per postare un commento.