“They’re calling him the next Stevie Wonder, and perhaps with a good reason. The singer-composer known simply as Prince appears to be on his way to becoming the biggest solo solo artist in years.
And ‘solo’ definitely is an apt way to describe his talents because Prince does everything on his records except press and sell them”
Un giovane – giovanissimo – ragazzo, in grado di curare ogni singolo passaggio della realizzazione di un brano e di un intero album: questo è il prodigio che si profila agli occhi di tutti gli addetti ai lavori già nel 1980.
Nelle prime interviste tra 1979 e 1980 i giornalisti che riescono ad avvicinarlo hanno ben chiara l’eccezionalità della persona che hanno di fronte. La caratura del musicista che hanno la fortuna di osservare lì, davanti ai loro occhi.
Il carisma di Prince è già tutto presente, anche se ancora allo stato grezzo, ma dinamico. Da parte dei giornalisti appare evidente il tentativo di trovare dei riferimenti, dei punti cardinali, per creare similitudini che il pubblico possa comprendere meglio: per questo il musicista che viene spesso citato accanto al nome ‘Prince’ è Stevie Wonder, polistrumentista versatile come lui. Geniale quasi quanto lui.
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‘I don’t like categories at all’ – said the young entertainer – ‘I’m not soul and I’m not jazz, but everyone wants to put one of those labels on me’
Nonostante il successo, che comincia a profilarsi già con nettezza, Prince è molto attento a non lasciarsi incasellare – questo appare ben chiaro fin da subito e rimarrà una costante nella sua carriera. La sua tendenza continua al metamorfismo è stata pressoché unica, nella storia della musica moderna. Impossibile definirlo all’interno di un’unica categoria musicale.
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‘There’s just not one category that all of my tracks fit into’ – he pointed out – ‘Some are funk, some hard rock and roll and others like ‘For You’ could be classical’
Le tracce che caratterizzano l’album For You sono state da lui scientemente strutturate, in modo tale da evitare la trappola in cui troppi artisti della Black Music di quegli anni erano caduti in precedenza: confinati dentro uno schema, che li aveva imprigionati, irrigiditi, senza che riuscissero più a sfuggirgli. Quel ‘could be classical’, finale, riferito alla traccia “For You”, sta lì a testimoniarlo.
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“Born and raised in Minneapolis, Prince was introduced to music in a hurry because his father was a jazz band leader and his mother sang in the band. At the age of seven, prince begin picking out themes from his favorite television shows on the piano”
‘I had one piano lesson and two guitar lessons as a kid’ – recalled the singer who was heading up his own rock band by the time he was 12”
Come tutti sanno, Prince odiava essere intervistato e, per superare questa sua difficoltà, aveva quasi fin da subito, creato delle dichiarazioni standard, delle frasi-pattern, da ripetere instancabilmente, declinandole in modo quasi identico, incontro dopo incontro. Questa storia del paio di lezioni di chitarra prese quando era un ragazzino ne è un chiaro esempio. È infatti presente all’interno di diverse interviste rilasciate in quei mesi. Questo rimarrà uno schema comunicativo abituale per lui, molto facile da pianificare e da gestire, in fondo, dal suo punto di vista.
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‘I didn’t take either one of them because they wouldn’t let me produce myself. They had a lot of strange ideas… tubas and cellos and such. I knew I’d have to do it myself if it was going to come out right’
La testardaggine di Prince è sempre stata leggendaria. Unica, nel suo genere, si potrebbe dire, senza esagerare in alcun modo. In studio tutto doveva andare secondo i suoi piani e nessuno sarebbe stato (ed è stato mai) in grado di smuoverlo, una volta che avesse preso una decisione. Uno dei motivi che lo hanno spinto a registrare tutto da solo fin dall’inizio della sua carriera, è stato proprio quello di potere gestire ogni passaggio della realizzazione di un brano. Senza intromissioni. Senza la possibilità di dare spazio ad idee strane e non in linea con le sue aspettative e/o con i suoi obiettivi.
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Infine, si parla di successo. Di aspettative di successo.
‘I just don’t think about it’ – he says – ‘it’s all just part of the dream factory. If it happens, it happens. It’s best not to worry about it, though, because if you strive for it and then don’t get it, you end up disappointing and feeling like a failure’
(non bisogna farsi ingannare da tanta – apparente – modestia: è una semplice captatio benevolentiae: diventare una rockstar è stato il suo unico obiettivo, fin dall’inizio)
La parola failure non è mai stata parte del piano, per lui. Fin dall’inizio.
“But many record people are betting that won’t happen. They feel that Prince could be a king before it’s all over”
(il giornalista ha azzeccato in pieno la previsione, ma, in fondo, non era così difficile)
Fonte:
Roger Kaye, Fort Worth Star-Telegram, 24 febbraio 1980
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