PURPLE PILLS

(ideato e realizzato da Maria Letizia Cerica)

Have a Purple Day

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PILLOLE CHE PARLANO DI LUI, DI SKIP, DEL SUO MONDO, DELLA SUA MUSICA

IL MIO ULTIMO LIBRO: "THE BEAUTIFUL PRINCE" (LUGLIO 2022)

Have a Purple Day

LA NUOVA STORIA CHE STO SCRIVENDO SU DI LUI (...la troverete presto in una sezione a parte...)

A NEW NEW NEW STORY!

he's back!

PAGE ONE ONE

“Il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro” “C’è un tipo di rapporto, l’unico durevole, in cui è come se tra due esseri umani corresse un invisibile filo telegrafico. Dentro di me lo chiamo: ‘Il filo d’oro’ ” “Tutto ho raccolto di te briciole, frammenti, polvere, tracce, supposizioni, accenti restati in voci altrui, qualche grano di sabbia, una conchiglia, il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro, ciò che avrei voluto da te, ciò che mi avevi promesso, i miei sogni infantili, certe sciocche rime sulla giovinezza, un papavero sul ciglio di una strada polverosa” (coming soon)

PAGE TWO TWO

Gràphein, Oràn, Èchein “Cara signora Milena, la pioggia che durava da due giorni ed una notte è appena cessata, forse soltanto provvisoriamente, ma è certo un avvenimento degno di essere festeggiato ed io lo faccio, scrivendo a Lei” “Franz, sbagliato, F sbagliato, Tuo, sbagliato, non più, silenzio, bosco profondo” (coming soon)

SENDING/FINDING LOVE

To: Skip, somewhere-nowhere From: (It’s) me Object: need help&(possibly)love:right now! please-please-please, come here! Caro Skip-del-mio-cuor, here we are. Lo so. Sei lì da un po’, a prendere il sole, nel Giardino. Beatamente. Non vuoi seccature e - credimi - ti capisco benissimo. Le persone come me sono una bella rottura di maroni, come glisserebbe - e con ragione - mio figlio. Però. (coming soon)

IPSE DIXIT: FRAMMENTI TRATTI DALLE SUE INTERVISTE

IPSE DIXIT

About Minnesota: “I was born here, unfortunately.” (1977)
About concerts: “I really don’t have time to make the concerts" (1977)
About studying music: I’ve had about two lessons, but they didn’t help much" (1977)
We won’t be able to use that. I hate wasting time. I want to hear that song on the radio" (1977)
About music:“I wanted to make a different-sounding record" (1977)
About being a performer: "I wanted to be part of that" (1977)

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Capitolo uno: page one/one: "Il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro"

Il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro

C’è un tipo di rapporto, l’unico durevole, in cui è come se tra due esseri umani corresse un invisibile filo telegrafico. Dentro di me lo chiamo: ‘Il filo d’oro’

(Karl Gustav jung)

 

Tutto ho raccolto di te

briciole, frammenti, polvere,

tracce, supposizioni,

accenti restati in voci altrui,

qualche grano di sabbia,

una conchiglia,

il tuo passato immaginato da me,

il nostro supposto futuro,

ciò che avrei voluto da te,

ciò che mi avevi promesso,

i miei sogni infantili,

certe sciocche rime sulla giovinezza,

un papavero sul ciglio di una strada polverosa

(Antonio Tabucchi)

 

Quand j’écris de la poésie, il y a quelqu’un au bout du fil

(Jean-Christophe Bailly, in B. Morizot, “Manières d’être vivant)

 

Well, while I’m here, I want to do something that matters. And I mean something that really matters. It’s bigger than fame, or money: it’s about actually changing people’s lives. It’s about helping them heal. Helping them survive. I want to be that little bird. That source of life in the darkness. I want to give people hope. Hope is a bird

(“Dickinson”, Apple series, ses. 3, ep.1)

# 18 Eye Love U, but Eye Don’t Trust U Anymore

I even like hearing him clearing his throat preparing to take us up high”.

(commento di DJ su YouTube, sotto il video di questa canzone)

His life story comes from his music, I fell U, Prince!

(commento di Patricia su YouTube)

Una intensa, triste canzone sulla fine di un amore.

OCA: “The song off the new record called “Eye Love You but Eye Don’t Trust You Anymore”. That seems to be a big problem going on today. No trust between people. And yet, with a such a serious subject matter write this beautiful melody”.

PRINCE:Because love ultimately conquers all. I mean, you don’t want to base it. .. I mean, imagine that thing [song] in all chords. I could play it for you and the melody would work, the lyric would work hut the feeling would be sooo different that you’d think instead he was going to shoot her. The melodic line is the way it is because you gotta get home one way or another. Mistrust just doesn’t work. It just doesn’t work”.

Queste, le parole di Prince in risposta (diciamo, come sempre, il suo modo di rispondere alle domande di un giornalista, prendendola un po’ alla larga) ad una precisa domanda di Jesse Nash su questa canzone, all’interno di una intervista rilasciata ad OCA Magazine, nell’autunno del 1999.

Il giornalista, nel porre la domanda, aveva sottolineato come questo brano, pubblicato all’interno del nuovo disco in uscita nel 1999, Rave Un2 the Joy Fantastic, affrontasse un tema molto attuale in quegli anni (e tuttora, si direbbe): quello della mancanza di fiducia tra esseri umani, tra le persone. 

All’interno di una coppia. 

Perché è di tradimento, che si parla, del dubbio che si insinua nella mente di chi ama qualcun altro, quel dubbio che fa  anche sì che ogni barlume di fiducia nell’altro crolli, miseramente.

Prince, nella sua risposta al giornalista, sottolinea come la scelta dell’accordo, della melodia, sia riuscita a creare quell’impronta particolare che questa canzone possiede.

La scelta di una melodia – piuttosto che un’altra – ha, dal suo punto di vista, salvato la vita alla donna di quella storia, alla quale la voce che canta (l’uomo) si rivolge, anche con asprezza. 

La voce dell’uomo.

Se ci fosse stata un’altra melodia quell’uomo, probabilmente, ci avrebbe messo di fronte alla sua decisione di sparare, di uccidere, e tutto quanto avrebbe preso un’altra direzione.

(per capire quanto possa diventare diversa una canzone di Prince, a seconda della melodia definitiva scelta da lui per la collocazione in un album, basta andare a sentire, nell’ultima riedizione di SOTT, i diversi demo di “Forever in My Life”: quelli che ascoltiamo via via sono brani completamente diversi tra loro)

Torniamo a questa canzone.

Un brano molto importante per Prince, una delle ultime canzoni suonate dal vivo. Era in scaletta nel concerto di Atlanta del 14 aprile 2016: nel secondo spettacolo tenuto da lui quell’ultima sera, al Fox Theatre di Atlanta, poche ore prima dell’atterraggio a Moline.

La scheda di questa canzone dice che Prince l’ha registrata nei Paisley Park Studios nella primavera 1999. Il 3 giugno di quello stesso anno Ani DiFranco ha aggiunto le overdubs, le sovraincisioni con la chitarra.

Si tratta di una ballad che racconta una storia molto triste ed intensa.

Un uomo, che fronteggia una donna che probabilmente lo ha tradito. È venuta meno, rispetto al patto di fiducia.

Ecco le parole chiave del testo: love, trust. Amore, fiducia.

Queste parole vengono – di volta in volta – intrecciate tra di loro, invertite di posizione nel testo, man mano che si snoda, e (anche con un sapiente uso degli avverbi) esse cambiano completamente di senso, danno un senso nuovo ai versi.

Pare che questa canzone sia stata ispirata da Mayte. 

La donna che aveva caratterizzato la vita di Prince per tutta la prima e la seconda metà degli anni Novanta.

Quella con cui si era sposato, con cui aveva vissuto il dramma di Amiir. 

Quella stessa che era stata definita friend, lover, sister mother/wife, verso il 1998 aveva cominciato ad essere una stella offuscata.

La sua presenza all’interno dell’universo di Prince si era fatta sempre meno solida, fino a sparire del tutto, circa un paio di anni dopo, con il divorzio.

Già al momento dell’uscita di questo album, nelle interviste che andava rilasciando, Prince parlava di una “ridefinizione” del patto matrimoniale tra lui e Mayte.

Avevano iniziato il processo di distacco.

Un passaggio molto delicato, dunque, quello di questi anni, tra loro due.

Questa canzone contiene una delle due parole-chiave, all’interno del Prince-pensiero di quegli anni: Trust. 

(l’altra era Truth)

Due monoliti, i soli su cui abbia imbastito la maggior parte dei suoi rapporti umani ed amorosi, specie in quel periodo di fine anni Novanta.

In quel momento Prince sentiva di non potersi più fidare di Mayte ed è precisamente questo stato d’animo che traspare da questa canzone.

(se, in questa canzone, lui sta parlando davvero di una donna “ma avrebbe potuto parlare di una corporation-ex, ugualmente specifica e non identificata” – scrive Ben Greenman)

Un bel cambiamento di toni, rispetto alle interviste del 1996, ad esempio, in cui aveva parlato di Mayte, affermando a più riprese che si trattava dell’unica persona che non gli aveva fatto e non gli avrebbe mai fatto del male.

Le cose cambiano, evidentemente. Per tutti, specie per Prince e la sua vita amorosa.

Se – da un certo momento in poi – Paisley Park sarebbe diventato off-limits per lei, un motivo ci sarà pure stato.

Se dai verbali delle indagini sulla morte di Prince emerge che lui era ancora arrabbiatissimo con lei, qualcosa sarà pure accaduto, tra loro.

Certo, è vero che Prince tagliava i rapporti umani in modo spietato. Gli capitava spesso. Però certi fatti sono davvero accaduti.

Vedere i suoi abiti di scena messi in vendita da Mayte su Internet, solo per fare cassa, lo aveva mandato fuori di testa. 

Uno riservato come lui. 

Uno geloso delle sue cose, del suo privato, come lui. Essere su E-bay, come uno qualsiasi. Un’onta intollerabile, per come lui era strutturato.

Analizziamo il testo.

La canzone inizia con uno di quegli inserti di vita reale che tanto piacevano a Prince: si sente una voce che si schiarisce la gola e poi dice: “Roll!”. È la sua voce, che dà indicazioni al tecnico del suono, di là dal vetro. È il segnale dell’inizio della registrazione.

Prince suona il suo pianoforte Steinway. Il brano è tutto suonato al pianoforte, le sovraincisioni alla chitarra di Any DiFranco.

Abbiamo un racconto che ci giunge dal punto di vista di un uomo smarrito.

Lui la vede entrare nella stanza e nota subito dei particolari che la rendono diversa. Una sorta di epifania.

I could tell from the moment you walked in the room,/ that it wasn’t your dress you had on/, that wasn’t your perfume

C’è qualcosa di diverso nel suo modo di vestire. Il profumo che porta non è il suo.

and what happened/ to the ring that I gave/ you?/ what am I to /assume?

Lei non porta più al dito l’anello che lui le aveva donato – come pegno d’amore. Cosa ne dovrebbe dedurre?

(ecco il primo intreccio delle parole-chiave)

Eye love U, but eye don’t trust U anymore

Ti amo, ma non mi fido più di te. L’accento, dunque, è sulla parola trust.

È un uomo al quale non sfuggono i particolari, anche quelli più sottili, quello che parla. Un uomo che legge dentro le persone. E forse lei dovrebbe chiedergli scusa, per ciò che lui sta leggendo:

you could tell from/ the moment you looked in my eyes/, that I could see right/ through you/ You must apologize”. 

Comincia il momento delle recriminazioni:

I’ve always given you/ the best in life/ even in the wrong, it/ was right

Lui le ha fatto avere sempre il meglio, aveva fatto buon viso a cattivo gioco, anche quando le cose non andavano bene.

Ed arriva il secondo verso in cui la parola “trust” assume un rilievo importante, insieme a “love

I know you trust me,/ but you don’t love me anymore

So che hai fiducia in me, ma non mi ami più. Sono quasi le stesse parole di prima, ma disposte in modo tale da rovesciarne il significato.

Seguono ulteriori recriminazioni:

I remember meeting/ you here in the good/ ole days,/ I would never pick the flower/ of my favourite/ protégée

Gli tornano in mente i bei vecchi tempi, quando loro due si incontravano in quella stessa stanza. Lui (al contrario di lei?) avrebbe potuto “cogliere” il fiore di qualche sua protetta, ma non lo ha fatto (è l’unica volta in cui Prince usa in un testo il termine protégée) 

(una vecchia abitudine di Prince: sostenere giovani talenti, specie femminili)

Ed arriva l’accusa:

Maybe if I would have,/ then you would not/ treat me this way./ You tricked me/ But you will not/ anymore, no”.

Magari lo avessi fatto! Forse, se fosse stato così, non avrei subìto questo trattamento. Tu mi hai ingannato. Ma non lo farai più.

Ed ecco la conclusione, che arriva ancora dall’intreccio delle medesime parole, ma con un significato ancora diverso:

Eye love U, but Eye/ don’t trust U/ anymore”:

Ti amo, ma non mi fido più di te. L’accento, stavolta è sul suo sentire, sul suo stato d’animo.

Siamo alla fine.

 

 

Fonti:

  • Jesse Nash, “An exclusive interview”, OCA Magazine, nov-dic 1999
  • princevault.com
  • Ben Greenman, “Purple Life”#

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