
La parte più struggente di questo video, che parla d’amore e di cose belle, è quella Blue (Angel) Cloud (la chitarra custom di Prince) che fila dritta nell’aria accarezzata dalle sue mani, quasi verso la fine.

Sembra una metafora di ciò che è accaduto dopo la sua morte. Quella chitarra è stata infatti venduta all’asta. A qualche collezionista di cimeli.
Filata via, anche lei, come lui.
(Una delle tante scelte discutibili operate da chi si occupa di gestire la sua eredità e la sua immagine: si capisce che – a causa delle tasse di successione – ci fosse bisogno di “fare cassa”, ma certo la Blue (Angel) Cloud era davvero un pezzo di storia princiana, ma tant’è!)
Partiamo dal video di questa canzone. L’album da cui è stata tratta è Lovesexy. Siamo all’inizio degli anni Novanta.
Prince ha appena bloccato l’uscita e la vendita del Black Album. A pochi giorni dalla commercializzazione: tutto al macero.
(Tranne pochissime copie originali, sfuggite alla distruzione, che valgono attualmente più del Gronchi Rosa, probabilmente)
Una scelta – quella della distruzione – che spiazza tutti, specie i suoi fan più fedeli.
In pochissimo Prince tempo mette su un nuovo disco (il decimo della sua carriera) che rappresenta l’esatto opposto, sia per i contenuti, che per l’aspetto grafico, rispetto al Black Album.
Lovesexy.
Qui, domina il bianco: nella copertina, in particolare.
(La luminosità, presente anche nei temi trattati)
Quella copertina scandalosa, che i negozianti di dischi si rifiutavano di esporre sugli scaffali, preferendo nasconderla dietro altre cose o tenerla dietro il bancone, perché la ritenevano offensiva della morale.
Lo scandalo stava nella nudità integrale di Prince ed in quel pistillo fallico del fiore bianco subito dietro di lui. Un po’ troppo, per il puritanesimo americano di quegli anni.
Ecco che cosa ha scritto a proposito di Lovesexy Neal Karlen, su Rolling Stone nell’ottobre del 1990:
«[…] una crisi di coscienza a notte fonda, […] che lo ha portato non solo ad accantonare il famigerato Black Album, ma anche a provare a cambiare il modo in cui scriveva le sue canzoni e portava avanti la sua esistenza. La crisi non ha comportato un salto o una crisi relativa alla fiducia, ma semplicemente la consapevolezza che era ora di smettere di comportarsi come un’anima sempre arrabbiata. “Ero un esperto nel tagliare via le persone dalla mia vita e nello scomparire senza voltarmi indietro, per non tornare mai più” – ha detto – “metà delle cose che le persone scrivevano su di me erano vere”»
E – più oltre – Karlen scrive:
« “Allora ero molto arrabbiato […] e questo si rifletteva in quell’album. Improvvisamente ho capito che possiamo morire in qualsiasi momento e che saremo giudicati in base all’ultima cosa che ci siamo lasciati alle spalle. Non volevo che quella cosa [il Black Album] arrabbiata e amara fosse l’ultima cosa. Ho imparato da quell’album, ma non devo tornare indietro”. Quando è uscito l’album Lovesexy – dice Prince – egli è divenuto un essere umano degno di nota ed un creatore più felice».
Torniamo al video e poi alla canzone. È stato realizzato e girato a LA, il 2 giugno 1988 da Jean Baptiste Mondino e presenta molte analogie con il video di “Alphabet St.”, realizzato in tempi analoghi.
È molto importante contestualizzare: agli inizi dei Novanta la computer grafica non possedeva nemmeno lontanamente gli effetti speciali che ha oggi.
La gran parte del lavoro che si faceva sui video musicali – specie negli effetti speciali – aveva ancora un carattere artigianale, che si otteneva applicando quasi a mano oggetti e scritte sul materiale girato.
Lo sfondo su cui canta Prince (un cielo luminoso, allusione evidente al tema del Paradiso, cui si fa riferimento nel titolo) è stato generato da un computer.

Prince – si sa – controllava in modo maniacale ogni dettaglio del suo lavoro, compresa la realizzazione dei video.
Era consapevole dell’impatto che essi avrebbero potuto avere sul pubblico. Era convinto che tenere incollati su MTV i suoi fans fosse una cosa davvero importante e dunque studiava di continuo soluzioni sempre più fantasiose per i filmati che riguardavano le sue canzoni.
“Eye Wish U Heaven” è uno di questi.
I protagonisti di questa storia trasognata e psichedelica sono quattro: Prince, Sheila E., Cat e Boni Boyer (la vocalist di Prince prematuramente scomparsa, qualche tempo dopo).
Sheila suona le percussioni. Cat (anche lei vestita di bianco, come Sheila) esegue elegante le sue coreografie. In un primo momento non era stata prevista la presenza di Boni Boyer, che è stata aggiunta successivamente.

Prince, con un codino tenuto da un nastro nero, una camicia bianca aperta sul petto villoso, canta e fa persino le smorfie.

Intorno, miriadi di oggetti, di numeri, che volano, si muovono, alludono.
(Mele volanti che hanno sempre si di sé un morso: allusione ad Eva e alla Bibbia? Allusione alle tante ragazze che transitavano nella vita di Prince alla velocità della luce, dopo essere state appena assaggiate?)

(Un colibrì, il cui significato è oscuro, se pure ne ha uno, osserva princevault.com)
Dei numeri: l’undici ed il sette, che torna spesso nelle canzoni di Prince.

Troviamo, oltre ai cuori, ai simboli di pace, anche dei riferimenti ad elementi che – via via – diventeranno sempre più importanti nella vita di Prince degli anni successivi.

Una pistola che vola in aria: allusione al libero possesso di fucili e pistole, al pericolo che esso rappresenta per la collettività, un tema frequente all’interno delle canzoni di Prince, che, in casa sua, a Paisley Park, non aveva né armi da difesa, né sistemi di allarme attivi.

(Era infatti un uomo di pace, come ha sottolineato anche Joshua Welton, nel corso degli interrogatori della polizia, subito dopo la morte di Prince.
Il suo solo sistema di allarme erano le colombe al primo piano.
E torniamo così al tema della pace, cui alludono moltissimi degli oggetti che volano leggeri all’interno del video. Un tema – quello della pace – decisamente ricorrente nei brani di Prince.
“I’not a Man of War” – dice lui, in un’altra canzone).
Tra gli oggetti che fluttuano leggeri nell’aria c’è anche un “antenato” del Love Symbol, che transita veloce. Si percepisce appena.

Si può osservare anche la presenza di una serie di “geroglifici”, quelli che, da quegli anni in poi, saranno la cifra stilistica anche della scrittura di Prince.
(Eye, per “I”, U, per “You”, 2, per “to”, eccetera)

A guardarlo oggi, questo video appare contemporaneamente all’avanguardia e datato: all’avanguardia, perché i temi che tratta sono ancora oggi decisamente attuali, datato, perché si nota la realizzazione del filmato in modo decisamente artigianale, tramite tecniche non raffinate, in nessun modo paragonabili a quelle di oggi.

Questa canzone è stata registrata a Paisley Park nel gennaio 1988. Prince suona tutti gli strumenti da solo. Le sovraincisioni hanno riguardato i cori e le percussioni di Sheila E. ed il sassofono di Eric Leeds.
Prince ha eseguito questo brano all’interno del Lovesexy Tour e poi pochissimo, negli anni successivi: si riscontra una sola eccezione per il 2012.
Di cosa parla?
In realtà quasi di nulla. Di spiritualità, di Paradiso, ma in modo lieve ed impalpabile.
Augurare il Paradiso a qualcuno a cui si vuole bene, ecco il tema di fondo. Un’ulteriore prova della ricerca di leggerezza che animava la musica di Prince, subito dopo la cancellazione del Black Album.
Fonti:
- princevault.com
- Neal Karlen, “Prince Talks”, Rolling Stone, 18 ottobre 1990
- “Once I learned that, the rest seemed to come pretty easily”Era una persona timida, nella sostanza, fino al midollo. Lo sappiamo. Odiava parlare con gli sconosciuti. (sappiamo già anche questo) Leggendo le sue interviste, si percepisce spesso che talvolta era guardingo, al limite della diffidenza. Odiava essere e sentirsi stanato. Odiava – come tutti – sentirsi sotto pressione, sotto giudizio. Riusciva, in quei casi, […]
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