YOU ARE THE ARTIST

 

“THIS TOWN IS MY FREEDOM”

PRINCE: A WONDERFUL TRIP

 “Cosa sei andata a fare fino a Minneapolis?”

“Sono andata a cercare l’uomo, certo non la star!”

COMING SOON ⬇️

PRINCE: HE’S BACK!

Blue Darkness

 

“Mettiti qui, vicino a me!” – mi dici, battendo il palmo della mano sul prato, dopo esserti seduto. 

“Eccomi, arrivo subito” – dico, mentre mi avvicino.

Poggio in terra la borsa. Mi siedo a gambe incrociate. L’erba è morbida. Profumata. Piccoli fiori gialli, ovunque. Un minuscolo ragno si sta arrampicando su uno stelo, che si piega, leggermente, sotto il suo peso.

Mi guardo intorno.

Guardo il grande prato verde che mi circonda. Il ciuffo di alberi in cima alla collinetta che ci sovrasta. Il lago Riley, più in basso. L’acqua di un blu profondo, quasi nero.

 

(il capitolo continua, all’interno del libro in preparazione)

CHI SIAMO

 SKIP, aka ALEXANDER NEVERMIND, aka JAMIE STARR, aka PETER BRAVESTRONG, aka Love Symbol, aka The Artist, aka…

(È sempre lui):

Prince Rogers Nelson

 Maria Letizia Cerica: prinsologa dilettante e semplice voce narrante,  in queste pagine

MLC

l'ideatrice di questo blog

 Sempre lui : Prince Rogers Nelson

PRN

Impossibile farne una descrizione in breve: per saperne di più, scendete nella pagina ⬇️

PURPLE PILLS

STORIE, FRAMMENTI,RECENSIONI, IMMAGINI, VIDEO: TUTTI SU DI LUI, PRINCE ROGERS NELSON, IL NOSTRO SKIP, RACCONTATO NELLA SUA DIMENSIONE UMANA E TERRESTRE

Across the street from McDonald’s, Prince spies a smaller landmark. He points to a vacant corner phone booth and remembers a teenage fight with a strict and unforgiving father. ‘That’s where I called my dad and begged him to take me back after he kicked me out’- he begins softly – ‘He said no, so I called my sister and asked her to ask him. So she did, and afterward told me that all I had to do was call him back, tell him I was sorry, and he’s take me back. So I did, and he still said no. I sat crying at that phone booth for two hours. That’s the last time I cried’

(Neil Karlen, “Prince Talks”, Rolling Stone, 1985)

PERCHÉ QUESTO BLOG?

 Proviamo a raccontare un uomo straordinario, un artista visionario, un essere enigmatico: quello che è stato per tutta la sua vita Prince Rogers Nelson. Irrealistico anche solo pensare di riuscire a dire tutto di lui, a raccontarlo, a circoscriverlo in qualche modo, a definirlo in ogni sua parte. Qui dunque spargeremo solo frammenti, curiosità, gusci d’uovo, che cercheranno di dare un’idea di quello che è stato, di quello che ha rappresentato. Per tutti noi. Per quasi 40 anni. E oltre.

...have a purple day...

PURPLE PILLS

(ideato e realizzato da Maria Letizia Cerica) (con abbondanti e generosi interventi dall'alto) ⬆️

PURPLE PILLS: interviste/articoli

Eye-liner

“C’est ce qu’ont bien compris ces animaux artistes qui se maquillent, les humains. Certains motifs du maquillage ne sont pas de pures inventions de l’imagination humaine, des créations arbitraires: ils sont bio-inspirés. Ils accentuent les pouvoirs éthologiques du survisage humain, ils stylisent encore nostre masque animal.

Les deux cas le plus nets sont justement deux amplifications de contraste pour accentuer l’intensité du regard.

La première technique est l’eye-liner. En accentuant le contraste entre pupille et fond de l’œil par l’ajout d’une enceinte féline sombre, il mime la profondeur du regard de la panthère (elle dispose de naissance de cette ligne noire autour de l’œil).

C’est exactement la même structure sombre/clair/sombre qu’utilise le masque naturel du loup.

Hommes et femmes de théâtre fardent de nuit le tour de l’œil avant de monter sur scène: ils savent depuis toujours que cela en accentue l’expressivité.

Mais cette technique a été inventée par l’evolution des millions d’années avant les acteurs, par la lignée des grands félins, comme par d’autres.

L’eye-liner trouve son origine historique dans la poudre de khôl qui fardait les yeux des Égyptiens des deux sexes. Cette filiation est un indice, un détail révélateur d’une filiation plus profonde, qu’on peut pister jusque dans nos salles de bains.

L’Égipte antique était familière des métis d’animaux et d’humains (avec ses dieux thériantropes, à têtes de fauves, d’oiseaux, de serpents…)

Cette culture antique était aussi familière des survisages de la panthère et de l’antilope: c’était leur faune quotidienne.

Et c’est de l’Égypte antique qui provient une part de notre tradition du maquillage des yeux: dessiner le tour de l’œil, comme on le voit sur les fresques, et probablement aussi assombrir les cils.

Il n’est pas imprudent de conjecturer que le trait de khôl égyptien, donc l’eye-liner, est une technique bio-inspirée qui confère volontairement à l’œil humain l’intensité du regard de la panthère. Une technique qui capture le même amplificateur de contraste que l’évolution a peint sur le survisage de grands félins.

Dans une culture où votre déesse a une tête de lionne, où les animaux ne sont pas des bestioles mais des divinités, prendre leur survisage pour modèle dans l’apprentissage d’une expressivité intensifiée fait parfaitement sens.

Jusqu’à aujourd’hui, même les plus obtus ressentent douloureusement la puissance esthétique d’un survisage de panthère.

La tradition antique y a puisé des leçons de beauté, au sens vivant: la beauté comme manière d’habiter une forme.”

Fonte: Baptiste Morizot, “Manières d’être vivant”, Actes Sud, 2020

LA VITA È FATTA DI FRAMMENTI

Frammenti, validi come premessa

Ho sempre ammirato quelli capaci di creare/vedere grandi sistemi, rispetto al mondo circostante. Quelli che riescono a far coincidere tutti i pezzi della loro cosmologia e tutto il loro universo, una volta completato il lavoro, arriva ad assumere connotati netti e precisi. Ascissa, ordinata. Tutto in ordine.

Non sono mai riuscita ad essere così.

Riesco a fissarmi solo sui particolari. L’universale da sempre mi sfugge.

Spesso anche i particolari – nel particolare – mi sfuggono: nel senso che riesco a focalizzarmi sui frammenti, sulle briciole. Passo ore ed ore a guardare le briciole di realtà, analizzandole a volte in modo ossessivo.

Se mi innamoro di un libro, di un film o di una serie, sono capace di guardare e riguardare decine, centinaia di volte una pagina, una scena, l’inclinazione di un viso, una risata, l’intonazione di una voce, come se tutte queste cose – assolutamente slegate dalla visione d’insieme di quell’opera – potessero improvvisamente spiegarmi il senso della vita.

Da quella briciola pretendo di arrivare alla visione d’insieme.

Penso che sia la strada più sbagliata per arrivare al panorama finale. Scendo verso il basso del mio personalissimo Mont Ventoux, sperando di arrivare a vedere un panorama elevato che avrebbe richiesto ben altra strada, ben altro coraggio visivo.

Metto insieme questi pezzi slegati tra loro, nell’assurda speranza che essi possano indicarmi la giusta via.

Sto lì ad accantonarli, li allineo – uno vicino all’altro – sperando che una bella mattina, dopo essermi alzata da un sonno ristoratore, l’illuminazione arriverà, subito dopo essermi stropicciata gli occhi.

Ecco perché non mi riesce di costruire vere storie. Non riesco ad inventare personaggi: riesco a parlare solo di quelli che esistono già e che – a mio parere – costituiscono un campionario sufficiente per uno scrittore.

È già tutto lì: basta armarsi di pazienza ed osservare, ascoltare, trascrivere. La realtà parla da sola.

Lo so, l’eterno dilemma: se l’artista sia specchio o lampada.

Sono specchio o lampada? Un fiammifero, forse.

Ho quaderni pieni di osservazioni sparse, scritte a mano su quaderni bellissimi (quelli sì).

Osservazioni che dovrebbero essere trascritte, riordinate, cercando di dare loro un verso.

E mentre so che questo sarebbe il lavoro a cui dare priorità, mi metto a scrivere una premessa come questa, all’interno della quale prometto di fare ciò che continuo a rimandare.

(e sempre a Petrarca torniamo: ai suoi buoni propositi irrealizzati)

Ma le premesse – si sa – sono bussole indispensabili. Per capire. Per orizzontarsi. Per procedere.

 

PICS FROM MPLS

Stanze del Midwest
...nove ore di viaggio, una notte che nella tua testa non lo è affatto e ti ritrovi a guardare fuori dalla finestra: ti ricordi all'improvviso che sei su un'isola, che quell'isola è in mezzo al Mississippi e che sei nella città di Skip...
Stanze del Midwest
Ed è guardando da quelle persiane che scopri per la prima volta il Mississippi, nella sua grandezza
Il Ponte 1
L'isola in mezzo al Mississippi è collegata alla terraferma da un antico ponte in ferro e legno. Da lì si vede scorrere l'acqua, destinata a percorrere migliaia di chilometri
Il ponte 2
Tra l'isola e la terraferma c'è questo ponte in ferro e legno. Sotto, scorre il Mississippi, placido, limaccioso. Lo osservi, mentre passa sotto i tuoi piedi, trascinandosi dietro qualche tronco raccolto durante il cammino.
Hennepin Bridge
Hennepin Bridge ha un carattere quasi metafisico: fa un salto acrobatico sul Mississippi e ti permette di guardarlo dall'alto, da spettatore minuscolo che immagina contemporaneamente anche altre presenze, oltre alla sua, in altri momenti, in altri tempi
Previous slide
Next slide

A LETTER

Dearest Tracy,

thank U 4 your letter. It’s a good feeling 2  know that one’s work is appreciated by others. It’s the main thing that keeps me working. And if I ever make a video with 10-year olds in ’em, you’re invited. (smile)

I would love a picture of you. Don’t worry about what they look like. I take bad pictures all time. I hope U like Purple Rain, it’s a good movie. But, don’t listen 2 the swear words.

Happy birthday, and don’t forget 2 say your prayers. God loves you.

Your Purple friend,

Prince”

...searchin' & findin' Skip in MPLS... (part I)

…sentire scorrere l’acqua, il potere calmante dell’acqua, avere a così breve distanza, praticamente a portata immediata di sguardo, una massa tanto imponente di acqua in continuo movimento, ha avuto su di me un forte potere ipnotico: sono andata di continuo a vederla. Solo chi è cresciuto accanto all’acqua può capirne il fascino irresistibile…

Have a Purple Day

Just Another WordPress Site Fresh Articles Every Day Your Daily Source of Fresh Articles Created By Royal Addons

Edit Template

PILLOLE VIOLA CHE PARLANO DI LUI – DI SKIP – DEL SUO MONDO, DELLA SUA MUSICA

Alphabet St.

PILLOLE VIOLA

RANDOMLY GRABBED POSTS

NEAL + PRINCE:A TRIP IN&OUT A (BOY)MAN (IVparte)

Era una persona complessa. Sicuro. Sicurissimo.

Prince aveva una personalità difficile da comprendere, per chiunque, ad un primo sguardo. Ad uno sguardo superficiale. Specie per chi lo vedesse/incontrasse per la prima volta.

(i pochi autorizzati ad entrare all’interno della sua zona di rispetto e solo per il tempo strettamente necessario, ovviamente, e niente di più)

Come molti di noi – egli possedeva molti strati disposti sotto la sua superficie, ma non permetteva a nessuno di scavare là sotto.

Non lo ha mai permesso a nessuno.

Si celava a tutti, dunque.

Mostrava sempre e soltanto quello che ritenesse utile mostrare in quel momento. Niente di più. E mai troppo a lungo.

In questa intervista che concede nel 1985 – dopo anni di silenzio stampa – a Neal Karlen di Rolling Stone egli decide di sembrare abbordabile. Un ragazzo qualunque, arrivato al successo dopo una serie infinita di dolori e difficoltà.

(la pura verità, a dire il vero)

Uno che fa una vita regolare, fatta di lavoro e lavoro.

(il che è perfettamente vero)

Voleva allontanare ogni diceria sui suoi comportamenti bizzarri ed eccolo lì: il ragazzo della porta accanto, timido, ma accessibile.

(il che è anche – altrettanto e assolutamente – vero, sotto un certo punto di vista)

Questa intervista – come ho sottolineato più volte – è una sorta di unicum. Pochi sono riusciti ad avvicinarlo e ad affiancarlo nel modo in cui Neal Karlen ha potuto fare in quell’occasione. Passando così tante ore con lui. Guardandolo muoversi davanti a lui, senza la mediazione di staff e di assistenti personali.

Prince viveva di distanza.

(continua nella sezione articoli)

The Purple House

TALKING ABOUT SKIP

IL MIO ULTIMO LIBRO: "THE BEAUTIFUL PRINCE" (LUGLIO 2022)

Segui questo blog

Have a Purple Day

A NEW NEW NEW STORY!

he's back!

PAGE ONE ONE

“Il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro” “C’è un tipo di rapporto, l’unico durevole, in cui è come se tra due esseri umani corresse un invisibile filo telegrafico. Dentro di me lo chiamo: ‘Il filo d’oro’ ” “Tutto ho raccolto di te briciole, frammenti, polvere, tracce, supposizioni, accenti restati in voci altrui, qualche grano di sabbia, una conchiglia, il tuo passato immaginato da me, il nostro supposto futuro, ciò che avrei voluto da te, ciò che mi avevi promesso, i miei sogni infantili, certe sciocche rime sulla giovinezza, un papavero sul ciglio di una strada polverosa” (coming soon)

PAGE TWO TWO

Gràphein, Oràn, Èchein “Cara signora Milena, la pioggia che durava da due giorni ed una notte è appena cessata, forse soltanto provvisoriamente, ma è certo un avvenimento degno di essere festeggiato ed io lo faccio, scrivendo a Lei” “Franz, sbagliato, F sbagliato, Tuo, sbagliato, non più, silenzio, bosco profondo” (coming soon)

SENDING/FINDING LOVE

To: Skip, somewhere-nowhere From: (It’s) me Object: need help&(possibly)love:right now! please-please-please, come here! Caro Skip-del-mio-cuor, here we are. Lo so. Sei lì da un po’, a prendere il sole, nel Giardino. Beatamente. Non vuoi seccature e - credimi - ti capisco benissimo. Le persone come me sono una bella rottura di maroni, come glisserebbe - e con ragione - mio figlio. Però. (coming soon)

IPSE DIXIT: CRUMBS FROM HIS INTERVIEWS

IPSE DIXIT

"Once I made it, got my first record contract, got my name on a piece of paper and a little money in my pocket, I was able to forgive. Once I was eating every day, I became a much nicer person" (1985)
MUSICIAN: And what’s your last name? Is it Nelson? PRINCE: I don’t know. (1983)
About Minnesota: “I was born here, unfortunately.” (1977)
"I believe in teachers, but not for me" (1979)
About concerts: “I really don’t have time to make the concerts" (1977)
“Do you get out much?” “No. Not really.” “What age range of young ladies do you like?” “It doesn’t matter.” (1979)
About studying music: "I’ve had about two lessons, but they didn’t help much" (1977)
"We won’t be able to use that. I hate wasting time. I want to hear that song on the radio" (1977)
About music:“I wanted to make a different-sounding record" (1977)
first time he saw his father performing on stage (Prince was a 5 years old boy): "He was up on stage and it was amazing. I remembered thinking, ’These people think my dad is great.’" (1982)
"I think society says if you’ve got a little black in you that’s what you are. I don’t" (Musician, 1983)
About being a performer: "I wanted to be part of that" (1977)
PRINCE: Probably take a long bath. I haven’t had one in a long time. I’m scared of hotel bathtubs. (‘quale sarà la prima cosa che farai, quando tornerai a Minneapolis?’) (‘con ogni probabilità, un lungo bagno, non ne ho fatto uno per parecchio tempo, mi spaventano le vasche da bagno degli hotel’) MUSICIAN: What do you fear? PRINCE: They just...a maid could walk in and see me.
About school: "To this day, I don’t use anything that they taught me. Get your jar, and dissect frogs and stuff like that" 1983

MY PODCASTS ABOUT HIM

 Segui il mio podcast su Spreaker: Spreaker: Mr. Nelson

 Segui il mio podcast su Spreaker: Prince, Rogers&me: Spreaker: Prince, Rogers&me

 Segui il mio podcast su Apple Podcast: Prince: a beautiful trip

Segui il mio podcast su Apple podcast: Apple podcast: Prince Rogers&me

LAST STUFF

#6 Call My Name

I am a 63 year old woman who was young when Prince was young. I was always in love with him. The sexiest man whoever lived”.

(“Sono una donna di 63 anni che era giovane, quando Prince era giovane. Sono sempre stata innamorata di lui. l’uomo più sexy che sia mai esistito”.)

(dai commenti postati su YouTube, sotto il video di “Call My Name”)

Una canzone d’amore, questa, che, nella parte finale, contiene una esplicita dichiarazione d’amore per il proprio nome.

(e per la propria storia, di conseguenza)

Due incastri perfetti: una storia d’amore che ti illumina la vita ed una che è rimasta più nascosta, poiché è restata stabilmente nelle tue pieghe più recondite.

Tutto nasce da qualcosa di apparentemente banale, come spesso accade con i frammenti di vita che danno origine alle canzoni.

La persona che ti ama ti sta chiamando e ne sei improvvisamente consapevole: tutto ha un suono nuovo. Come mai prima.

Come un’epifania. 

Tutto appare improvvisamente sotto una luce inedita. Il tuo nome risuona dentro di te, attraverso la sua voce. Come mai prima.

(perché ti è arrivato attraverso la sua voce)

Quel nome, quello stesso contro cui hai lottato per tanti anni, quello che hai provato a cancellare in ogni modo, a rendere inutilizzabile, torna indietro da te, attraversando veloce l’aria – quasi come un boomerang – e si carica di un suono inedito. 

Come se a tutti gli altri fosse mancata la chiave per aprire quella cassaforte. Come se nessuno avesse mai trovato l’altezza giusta della nota.

Heard your voice this morning calling out my name/It had been so long since I heard it/That it didn’t sound quite the same, no/But it let me know that my name had never really been spoken before/Before the day I carried you through the Bridle Path door”.

Tutto questo perché è stata lei a pronunciare quel nome. Quella stessa donna insieme alla quale hai attraversato la porta della vostra nuova casa. 

Vorresti che lo facesse in continuazione – chiamarti in quel modo – perché con lei è iniziata la rivoluzione copernicana della tua visione del mondo, della tua vita e persino il chiaro di luna – che  avevi visto già almeno un milione di volte nella tua vita – ha assunto, da quel momento in poi, sfumature nuove. Totalmente diverse. 

Una luna mai vista prima, a memoria d’uomo.

I’ve never seen the moon look so lovely as the night I saw it with you/ It let me know I’d never seen the moon before”.

E succede persino che tu entri in uno stato di vera e propria astinenza, vai letteralmente fuori di testa, quando sei lontano da lei, quando (anche per poco) lei non ti chiama.

If I don’t see you real soon baby girl, I might go insane/I know it’s only been about three hours but/I love it when you call my name, yes I do”.

Con un amore come questo ci si dimentica volentieri che là fuori c’è ancora il mondo, che da qualche parte c’è la guerra. La gente, è chiaro, non vorrebbe la guerra, se potesse scegliere. Anzi: se tutti avessero tra le mani un amore come questo, scorderebbero di certo per quale motivo erano tanto arrabbiati con qualcun altro. I notiziari corrono incessanti, il mondo sembra interessarsi in maniera morbosa del privato delle persone. Se qualcuno girasse intorno a casa nostra, dopo avere violato anche il telefono, vedrebbe solo due persone che lì dentro stanno facendo l’amore.

Heard a voice on the news saying people want to stop the war (stop the war, hmm!)/If they had a love as sweet as you they’d forget what they were fighting for/What’s the matter with the world today?/The land of the free? Somebody lied/They can bug my phone and people ’round my home/They’ll only see you and me making love inside”.

Ci sono innamoramenti profondi, di quelli che – quando scattano – fanno cadere in pezzi come falsi idoli tutti gli amori precedenti. È solo a quel punto che ci si rende conto di quale sia la reale differenza tra un amore vero (per una persona vera) ed un amore falso, perché dietro a certe persone non c’è verità a sufficienza.

Nothing about you is false, that’s why your love is real/

(Talking ’bout real) that’s why your love is real”.

Quando si ama così e si è ricambiati, si ha anche voglia di ringraziare Dio, per il fatto che quella persona non fosse legata già a qualcun altro, perché la potenza di questo amore (capace di dare calma, di permettere alla propria vita di rallentare) sarebbe stata tale da spingere a sfidare ogni legge.

God forbid if you belonged to another, I’d have to steal you (take you from your man)/ I might be tempted to break the law (break the law ’round here)/Because your beauty, it gives one pause (yes, it does)/It slows me down”.

Va bene. Va bene tutto. Chiamami. Chiama il mio nome.

That’s right, call my name”.

Prince”.

Sono tante – pressoché infinite – le storie e gli aneddoti relativi al rapporto (spesso conflittuale) che Prince ha avuto con il suo nome.

In una intervista del 1999, concessa a Jesse Nash, ad esempio, Prince, ridendo, (ma dentro quella risata c’era una chiara sfumatura di amarezza, di rabbia, persino) aveva raccontato di come, durante la sua adolescenza, alcuni suoi insegnanti avessero rifiutato di chiamarlo col suo nome, di come facessero delle vere e proprie acrobazie verbali pur di non chiamarlo Prince.

(ma che razza di nome era, il suo? – sembravano volergli dire) 

Aveva raccontato di come uno di essi, in particolare, avesse tentato di convincerlo che Prince non fosse il suo vero nome, ma che quello fosse un nome inventato.

(«Certo, i miei genitori se lo erano inventato apposta per me!» – aveva chiosato lui, davanti al giornalista)

Il suo nome era stato per lui in alcuni casi ed in alcuni momenti, una sorta di peso, una zavorra di cui aveva tentato di liberarsi.

Gli anni Novanta in particolare – con la scelta dirompente di non farsi chiamare più Prince, di trasformarsi in un semplice simbolo (impronunciabile, oltretutto) – erano stati attraversati dal lungo e spossante braccio di ferro con la Warner, per ottenere lo scioglimento del suo contratto.

Quello scioglimento passava necessariamente attraverso il “possesso” del suo nome, che nel frattempo era diventato anche un marchio universalmente conosciuto.

Cambiando nome, aveva rovesciato il tavolo da gioco ed aveva impostole “sue” regole.

(scandalo che gli è costato molto caro – all’interno dello showbiz- ma lui ha preferito correre il rischio, piuttosto che sottomettersi)

Solo a partire dal 1999 avrebbe ricominciato ad utilizzare (dapprima solo come produttore di Rave Un2 The Joy Fantastic) il suo vero nome.

A partire dagli anni Duemila, l’identità non sarebbe stato più un problema per lui: i suoi collaboratori e gli impiegati, i giornalisti e le persone che entravano in contatto con lui non sarebbero più stati costretti a fare acrobazie di carattere verbale per riferirsi a lui, anche solo per chiamarlo.

Prince ha scritto diverse canzoni che fanno riferimento al suo nome (“My Name Is Prince”, ad esempio), ma “Call My Name” unisce all’idea della riconquista della sua identità, al momento in cui si riappropria di ciò che, in realtà, era sempre stato suo, anche un senso di intimità, di contiguità con la felicità, propria di quel momento della sua vita: l’incontro ed il matrimonio con Manuela.

(fine anni Novanta-inizio Duemila)

Una canzone d’amore. Molto sentita.

Prince ne ha scritte a centinaia. Per molte donne, spesso molto diverse tra loro.

Questa ha una dimensione inusualmente privata, parla di sentimenti realmente intimi.

(la felicità – a volte – ti spinge ad abbattere o ad attenuare il muro del riserbo ed ottieni risultati inediti, in qualche caso)

Prince l’ha eseguita ancora nel 2016 (21 gennaio, nel corso di un concerto a Paisley Park), segno evidente della sua importanza, all’interno del suo repertorio, dal momento che nel 2016, a gennaio, a Paisley, quando l’ha ripresa, stava mostrando la scaletta di  “Piano&mike”, il suo ultimo tour.

Nel 2003-2004 – l’anno della creazione di questo brano – Prince si alternava continuamente tra Stati Uniti (Minneapolis) e Canada (Toronto), dove viveva insieme a Manuela.

Le registrazioni di questo brano sono state appunto realizzate tra Toronto e Minneapolis. Prince ha registrato tutto da solo, anche se (come gli capitava spesso) nel video realizzato successivamente sono presenti alcuni musicisti degli NPG (Rhonda Smith, John Blackwell, Renato Neto, Candy Dulfer, Mike Scott ed altri).

Fonti:

  • princevault.com
  • YouTube
  • Jesse Nash, OCA Magazine, ott-nov 1999

Share Article:

marialetiziacerica

Writer & Blogger

Considered an invitation do introduced sufficient understood instrument it. Of decisively friendship in as collecting at. No affixed be husband ye females brother garrets proceed. Least child who seven happy yet balls young. Discovery sweetness principle discourse shameless bed one excellent. Sentiments of surrounded friendship dispatched connection is he. Me or produce besides hastily up as pleased. 

Rispondi

Lillian Morgan

Endeavor bachelor but add eat pleasure doubtful sociable. Age forming covered you entered the examine. Blessing scarcely confined her contempt wondered shy.

Follow On Instagram

Recent Posts

  • All Post
  • Beauty
  • funk
  • His Royal Badness
  • Maria Letizia Cerica
  • Minneapolis
  • Prince
  • Prince Rogers Nelson
  • PRN
  • rock

Dream Life in Paris

Questions explained agreeable preferred strangers too him her son. Set put shyness offices his females him distant.

Join the family!

Sign up for a Newsletter.

You have been successfully Subscribed! Ops! Something went wrong, please try again.
Edit Template
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: